Argentario

L’Argentario è un promontorio montuoso che sorge nel cuore della Maremma Toscana, affacciandosi nell’incantevole scenario della Costa Tirrenica, si unisce alla terraferma tramite due tomboli di grande bellezza ed interesse naturalistico, quello di Giannella e quello di Feniglia e si collega alla vicina cittadina di Orbetello, famosa per la sua laguna, attraverso una diga.

I corsi d’acqua ed i torrenti che attraversano il territorio non sono particolarmente numerosi, mentre molto diffuse sono le grotte nascoste che sorgono tra la folta vegetazione o tra le spiagge rocciose, sicuramente straordinarie sono infine le spiagge, che si possono presentare sotto molti aspetti, da quelle sabbiose a quelle di sassi, fino alle più spettacolari cale scogliose.

La vegetazione che si può scorgere nei territori dell’Argentario è di tipo mediterraneo, il clima e le condizioni ambientali favoriscono infatti la presenza di questa tipologia di macchia che può essere bassa, alta oppure steppa o gariga, numerose sono le specie vegetali che trovano il loro ambiente naturale nello scenario del promontorio e sicuramente vasta, nonostante i numerosi incendi che hanno interessato l’ambiente, è la superficie ricoperta da bosco.

Oggi le coltivazioni di viti ed olivi non sono più numerose come un tempo e la steppa, che solitamente occupa gli spazi più aridi con un clima più difficoltoso, si costituisce di varietà quali l’erica, il sarracchio, la globularia e la psolarea, arbusti sempreverdi che raramente riescono a superare i 150 cm di altezza.

La gariga invece occupa i territori che solitamente si costituiscono come calcarei, e riguardano la zona meridionale dell’argentario, quella intorno al paesino di Porto Ercole, la gariga comprende piante quali l’elicrisio, il lentisco, il cisto ed il rosmarino, varietà erbacee e piccoli arbusti che solitamente non superano mai il metro di altezza; la Macchia Bassa si comprende specie vegetative come il rosmarino, il cisto in tutte le sue formazioni e la ginestra, per finire la Macchia Alta, si tratta di un ambiente che vede la presenza di piante ad alto fusto, come ad esempio il corbezzolo, l’erica arboria, il leccio, la fillirea, il ginepro fenicio, la palma nana e la cineraria.

Sicuramente interessante è la presenza degli animali, soprattutto di specie tipiche delle zone costiere della Maremma, oggi vivono tra i boschi dell’argentario alcuni mammiferi, come il cinghiale, la volpe, la faina, la donnola ed il riccio, ma anche il coniglio selvatico, lo scoiattolo e l’istrice, parlando poi dei rettili non possiamo non citare il geco, il cervone e la lucertola; numerose sono poi le farfalle, ma straordinariamente varie sono le specie di uccelli che popolano l’Argentario, si tratta della berta minore, dell’allodola, della civetta, del fringuello, della ghiandaia marina, della monachella, dell’ortolano, della tortora, dell’usignolo, dell’upupa, del pettirosso, del picchio verde e di numerose altre.

Un tempo il promontorio vedeva inoltre la presenza di due specie oggi scomparse dal territorio, si tratta del Capovaccaio, un avvoltoio di piccole dimensioni e la Foca Monaca, negli anni scorsi avvistata nella Cala del Bove; questi animali hanno popolato il Monte Argentario fino a circa sessant’anni fa, ma i cambiamenti climatici ed ambientali hanno determinato il loro abbandono del territorio.

Per quanto riguarda la storia del territorio dell’Argentario sappiamo che fu popolato già dal popolo etrusco e che, al momento della fondazione della città di Cosa, nel 273 a.C. per mano del popolo romano, il Monte godeva già di una certa fama, e la sua bellezza era descritta in documenti e poemi antichi, sull’origine del nome sono state fatte numerose ipotesi, la più accreditata delle quali lo fa derivare la soprannome di Argentari con il quale i Domizi-Enobardi, una delle famiglie più potenti del territorio venivano riconosciuti; nel corso dei secoli il promontorio dell’Argentario appartenne prima alla famiglia dei Domizi-Enobardi, ai diversi imperatori romani, divenendo poi un possedimento dei Longobardi fino a che Carlo Magno non lo donò all’Abbazia delle Tre Fontane di Roma, successivamente il potere venne esercitato dagli Aldobrandeschi, dagli Orsini, dalla città di Napoli, dalla Repubblica di Siena, fu, a partire dal XVI secolo un possedimento dello Stato dei Presidi Spagnolo, del Granducato di Toscana e successivamente al 1860 divenne parte del Regno d’Italia.

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